
Primizie nel menu di 1 italiano su 3
Dopo un lungo inverno con il cambio di stagione si riscopre la voglia di portare in tavola nuovi prodotti con quasi un italiano su tre (32%) che coglie l’occasione dell’arrivo delle primizie per rinnovare il menu. E’ quanto emerge dall’indagine on line su sito www.coldiretti.it divulgata in occasione dell’ultimo week end prima della primavera dedicato da Campagna Amica agli effetti concreti dei cambiamenti climatici sulla spesa degli italiani con le primizie e le erbe spontanee che arrivano quest’anno sui banchi dei mercati in forte anticipo a causa di un inverno anomalo.
L’arrivo della primavera – sottolinea la
Coldiretti – porta con sè un’impaziente voglia di colori e profumi, soprattutto
in cucina dove si rivedono le abitudini alimentari e si preparano ricette
ricche di sapori, vitamine sali minerali e fibre con la nuova offerta di
stagione. Una novità che stravolge gli acquisti degli italiani di frutta e
verdura che nel 2018 hanno fatto segnare il record da inizio secolo con un
quantitativo pari a circa 9 miliardi di chili, in aumento del 3% rispetto
l’anno precedente. Per ottimizzare la spesa e non cadere negli inganni il
consiglio della Coldiretti è quello di verificare l’origine nazionale, acquistare
prodotti locali che non devono subire grandi spostamenti, comprare direttamente
dagli agricoltori e non cercare per forza la frutta o la verdura perfetta
perché piccoli problemi estetici non alterano le qualità organolettiche e
nutrizionali, i cosiddetti brutti ma buoni. L’andamento positivo dei consumi è
spinto soprattutto alle preferenze alimentari dei giovani che fanno sempre più
attenzione al benessere a tavola. Una netta inversione di tendenza rispetto al
passato con un andamento positivo favorito anche da nuove modalità di consumo
sospinte anche dalla disponibilità di tecnologie casalinghe low cost per
preparare centrifugati e snack per grandi e piccini. Nelle scelte dei
consumatori grande rilievo viene dato alla freschezza del prodotto e al luogo di
acquisto con una tendenza a privilegiare la spesa dal produttore. Anche perchè
– continua la Coldiretti – la verdura comperata direttamente dal contadino può
arrivare a durare fino ad una settimana in più non dovendo affrontare lunghe
distanze per il trasporto prima di arrivare nel punto di vendita.
Complessivamente la superficie italiana coltivata ad ortofrutta – sottolinea la
Coldiretti – supera 1 milione di ettari e vale oltre il 25% della produzione
lorda vendibile agricola italiana. I punti di forza dell’ortofrutta italiana
sono l’assortimento e la biodiversità, con il record di 107 prodotti
ortofrutticoli DOP/IGP riconosciuti dall’UE, la sicurezza, la qualità, la
stagionalità che si esalta grazie allo sviluppo latitudinale e altitudinale
dell’Italia, una caratteristica vincente per i prodotti ortofrutticoli del
Belpaese. La ricerca di sicurezza e genuinità nel piatto porta l’88% degli
italiani a bocciare la frutta straniera e a ritenere importante scegliere nel
carrello frutta e verdura Made in Italy secondo l’indagine Coldiretti/Ixè,
visto che l’Italia è al vertice della sicurezza alimentare mondiale. Basta
pensare che secondo la Coldiretti il numero di prodotti agroalimentari
extracomunitari con residui chimici irregolari è stato pari al 4,7% rispetto
alla media Ue dell’1,2% e ad appena lo 0,4% dell’Italia secondo le elaborazioni
Coldiretti sulle analisi relative alla presenza di pesticidi rilevati sugli
alimenti venduti in Europa effettuata dall’Efsa. In altre parole – precisa la
Coldiretti – i prodotti extracomunitari sono 4 volte più pericolosi di quelli
comunitari e 12 volte di quelli Made in Italy per quanto riguarda la presenza
di residui chimici oltre i limiti. Sotto accusa le importazioni incontrollate
dall’estero favorite dagli accordi commerciali agevolati stipulati dall’Unione
Europea come il caso delle condizioni favorevoli che sono state concesse al
Marocco per pomodoro da mensa, arance, clementine, fragole, cetrioli e zucchine
o all’Egitto per fragole, uva da tavola, finocchi e carciofi. Accordi –
conclude la Coldiretti – fortemente contestati perché nei paesi di origine è
spesso permesso l’uso di pesticidi pericolosi per la salute che sono vietati in
Europa, ma anche perché le coltivazioni sono realizzate in condizioni di
dumping sociale per il basso costo della manodopera.