Le drammatiche vicende di questi mesi, dovute ad un virus che ha scatenato la pandemia, hanno messo in luce i limiti e le contraddizioni di un modello di sanità già in sofferenza tra chiusura di strutture, riduzioni di personale, privatizzazioni, finanziamenti inadeguati, che hanno riguardato  almeno in questi  ultimi dieci anni anche il nostro territorio Bresciano. Così il coronavirus presenta un conto “salato” in Lombardia e nella nostra martoriata provincia: migliaia di morti soprattutto tra gli anziani, ospedali intasati, Rsa allo stremo, malati lasciati in solitudine nelle case alla mercé del fai da te, abitudini di vita stravolte e una quotidianità  mai sperimentata prima; tutte cose  che hanno di fatto contribuito a rendere più dolorosa la tragedia che si è determinata. Un ordinamento sanitario non può non prevedere che un’emergenza si verifichi e l’emergenza appunto ha messo a nudo tutte le carenze che la chiusura autoreferenziale di Regione Lombardia ed i limiti di ATS non riescono a coprire. L’emergenza ha evidenziato la povertà di risorse territoriali, la mancata integrazione tra servizi sociali e socio sanitari, concentrando l’attenzione su interventi specialistici e ospedalieri e lasciando allo “sbando” la medicina territoriale. A tutti i livelli, non abbiamo bisogno di polemiche sollevate a puro fine elettorale, occorre una riflessione seria e oggettiva, un ripensamento complessivo: la qualità del servizio socio-sanitario non si  giudica solo sulle punte di eccellenza, che pur ci sono nella nostra sanità lombarda e bresciana, ma sulla capacità di rispondere in ogni momento ai bisogni diffusi del territorio. L’autonomia delle regioni di fronte alla prova, ha rivelato in particolare nel nostro territorio lombardo tutta la sua inadeguatezza  proprio nella mancanza di collegamenti con il territorio e nell’impoverimento della medicina territoriale; abbiamo ora bisogno di saper riconoscere gli errori per riuscire ad affrontare una ripartenza che ci trovi più forti e consapevoli dei rischi e più efficaci ed immediati negli interventi  mirati. In tutto questo il sindacato c’è. I pensionati della Cisl, con la Cisl, ci sono! Sulla drammatica situazione nelle Rsa della nostra provincia, unitariamente ai pensionati di Cgil e Uil, la FNP CISL lo scorso 25 marzo (la stessa cosa hanno poi fatto unitariamente le Confederazioni) ha inviato una lettera al Prefetto di Brescia per chiedere un incontro; lettera che a tutt’oggi non ha avuto alcuna risposta. Al Prefetto avevamo scritto già allora, di essere preoccupati della situazione che si era generata all’interno delle RSA e RSD, a seguito della epidemia di COVID-19 che stava causando gravi conseguenze sia per il personale sanitario impegnato sia per gli ospiti di tali comunità: ogni giorno si avevano notizie di contagi e di decessi tra queste “persone”, non “numeri”. Da allora la situazione è notevolmente peggiorata: le morti sono state numerosissime, nonostante lo sforzo encomiabile messo in atto da tutto il personale a fronte dei ritardi ingiustificati da parte di ATS nel fornire i DPI (Dotazione Protezione Individuale). E’ pertanto necessario indagare a fondo su eventuali responsabilità, negligenze ed inefficienze, ad ogni livello. Sia per evitare che il tutto riaccada, sia per dare il benservito a chi o quanti, piccoli e grandi, hanno dimostrato incapacità di saper gestire adeguatamente situazioni complesse. Giuseppe Orizio – Giovanna Mantelli – Battista Alghisi. Segreteria Fnp-Cisl di Brescia e Valle Camonica.

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